Non mettere mai il telo pacciamante in questo periodo: ecco perché rischi di rovinare l’orto

Nei mesi estivi, molti agricoltori e appassionati di orticoltura sono tentati di utilizzare il telo pacciamante per limitare la crescita delle erbe infestanti e conservare l’umidità del suolo. Tuttavia, in questo periodo dell’anno, l’impiego del telo pacciamante può comportare più svantaggi che benefici, rischiando di ledere la salute delle coltivazioni e la qualità del terreno.

I rischi delle temperature elevate

La principale criticità nell’uso del telo pacciamante durante l’estate risiede nell’eccesso di calore che il materiale accumula e trasmette alle piante. I teli neri, comunemente utilizzati, tendono ad assorbire una notevole quantità di radiazione solare, arrivando a sfiorare temperature di 50°C sulla superficie nelle giornate più calde. Questo fenomeno diventa particolarmente pericoloso quando i fori prati nel telo per far emergere le piantine sono molto piccoli: il contatto diretto tra il telo rovente e il fusto rischia di provocare scottature ai giovani tessuti vegetali, causando danni spesso irreversibili e perfino la morte precoce della coltura. L’intenzione di limitare la crescita delle infestanti viene quindi pagata con un rischio concreto per la sopravvivenza delle piantine più vulnerabili.

Impatto negativo sul microclima e sul terreno

Oltre ai rischi di scottatura, il telo pacciamante, soprattutto quello in materiale plastico come il polietilene, genera un microclima meno favorevole all’attività biologica del suolo nei mesi più caldi. Il forte aumento della temperatura al di sotto del telo può:

  • Rendere il suolo troppo caldo per le radici, riducendo la loro capacità di assorbire acqua e nutrienti.
  • Favorire la disidratazione degli strati superficiali, specie se il telo non è perfettamente aderente.
  • Alterare l’equilibrio della flora microbica benefica, elemento fondamentale per la fertilità del terreno.
  • Aumentare il consumo idrico delle piante, poiché una parte dell’acqua evapora più rapidamente se il telo si surriscalda.

Il rischio non riguarda solo le colture attive in pieno campo, ma anche quelle che presentano fusti bassi o portamento ricadente, come le fragole: in questi casi, la vicinanza delle foglie e dei frutti al telo favorisce l’assorbimento del calore e può portare all’appassimento dell’intera piantina.

Conseguenze ambientali: residui di plastica nel suolo

Oltre ai danni diretti sulle piante, l’utilizzo estivo del telo pacciamante presenta criticità ambientali di lungo periodo, soprattutto se si scelgono teli sintetici. Anche nel caso di una rimozione accurata al termine del ciclo produttivo, è difficilissimo evitare che microframneti di plastica restino incorporati nel suolo. Studi scientifici hanno dimostrato che frammenti di polietilene, sia in forma di microplastiche (meno di 5 mm) che di macroplastiche, possono rimanere nel terreno per anni, alterando la struttura del suolo e costituendo un pericolo per la salute dell’agroecosistema.

  • Accumulo di microplastiche: frammenti non visibili a occhio nudo che si disperdono tra le zolle e sono impossibili da rimuovere con le comuni pratiche agronomiche.
  • Effetti a lungo termine: riduzione della fertilità del terreno, ridotta capacità di trattenuta idrica, alterazione del pH e possibili trasferimenti di sostanze tossiche attraverso la catena alimentare.
  • Difficoltà nella biodegradazione: la plastica di origine petrolchimica impiega decenni, se non secoli, per degradarsi completamente, rischiando di accumularsi e diffondersi nell’ambiente circostante distantemente dal sito d’origine.

Alternative ecologiche e buone pratiche

Dal momento che la pacciamatura rappresenta comunque una tecnica molto utile per la gestione dell’orto – soprattutto come strategia di controllo delle infestanti e protezione dall’erosione (ad esempio nelle zone ventose o in presenza di piogge intense) – è opportuno conoscere e valutare alternative più sostenibili e adatte al periodo estivo.

  • Pacciamatura organica: materiali come paglia, foglie secche, erba sfalciata (in piccole quantità), cippato di legno o cartone rappresentano soluzioni efficaci e completamente biodegradabili. Questi materiali, oltre a non surriscaldarsi eccessivamente, arricchiscono il terreno di sostanza organica durante la lenta decomposizione, migliorando la struttura e la fertilità.
  • Tessuto non tessuto: rispetto al classico telo nero in plastica, il tessuto non tessuto offre una barriera fisica più permeabile, capace di mantenere la freschezza del suolo e ridurre il rischio di scottature, rappresentando una valida alternativa per orti intensivi e colture delicate.

Accorgimenti pratici nella gestione del telo

Per chi volesse comunque utilizzare il telo pacciamante:

  • Preferire teli chiari (bianco o argento) che riflettono la radiazione solare, riducendo l’accumulo di calore.
  • Realizzare fori di diametro adeguato per evitare il contatto del fusto con il bordo arroventato dal sole.
  • Evitare di stendere il telo laddove le piante non siano già sufficientemente sviluppate e in grado di ombreggiare il proprio colletto.
  • Valutare la rimozione del telo durante i periodi di caldo estremo o alternare materiali diversi a seconda delle stagioni.

Un cenno meritano anche i metodi tradizionali, come lasciare crescere un minimo di erba spontanea tra i filari e nei vialetti, che fornisce una naturale protezione dal sole e migliora la biodiversità locale.

L’importanza di scegliere secondo le stagioni

In conclusione, la decisione di utilizzare o meno il telo pacciamante non dovrebbe essere presa alla leggera ma valutata con attenzione in base alla stagione e alle reali esigenze della coltura. Durante l’estate, i rischi legati al surriscaldamento, alle scottature e alla compromissione della salute del terreno superano i benefici legati al controllo delle erbe infestanti. Nei mesi più freddi, invece, la pacciamatura si rivela spesso fondamentale per proteggere le radici dalle gelate, limitare il dilavamento e l’erosione superficiale, e agevolare la ripresa vegetativa primaverile.

Adottare uno sguardo attento ai cambiamenti climatici, alle caratteristiche del terreno e alle esigenze delle singole coltivazioni è la strada migliore per un orto sano, produttivo e sostenibile, valorizzando davvero il potenziale di questa antica e versatile pratica agronomica.

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